Effetti collaterali del Coronavirus:

APATIA E DISORIENTAMENTO

Articolo scritto per PSB Privacy e Sicurezza.

Link: articolo | Data: 7 Maggio 2020

Gli effetti collaterali del Covid-19 sull’umore

Stanchezza, senso di spossatezza, poca voglia di fare, pigrizia, ansia di fondo e difficoltà di progettazione sono sintomi comuni a gran parte degli italiani in questo momento storico.

La monotonia in cui il Covid-19 e la quarantena ci hanno gettato sta condizionando il nostro stato emotivo; ci accomuna un senso di preoccupazione, apatia e stanchezza.

L’assenza di stimoli per un tempo lungo impedisce la varietà di esperienze, da più di 60 giorni le giornate scorrono tutte uguali tra loro e così è percezione diffusa sentirsi in uno stato di sospensione.

Fino a due mesi fa vivevamo nell’era dell’azione, dell’intraprendenza, del movimento a tutte le ore e in ogni condizione, bisognava essere sempre veloci ed energici, insomma in una parola smart. Requisiti così tanto apprezzati dalla società moderna sono collassati perché in questa situazione è stato necessario un comportamento totalmente opposto, è stato necessario fermarsi; la stasi e la calma hanno mostrato la loro efficacia nella guerra al Coronavirus. 

L’umore risente della monotonia

Ma quali sono gli effetti sull’umore a distanza di più di due mesi?

La sensazione è che la monotonia regni sovrana, non solo nella realtà circostante, le strade viste dai balconi sono sempre le stesse, gli oggetti in casa su cui posa l’occhio sono sempre gli stessi, le notizie girano tutte intorno alla stessa emergenza… Ma c’è anche una sorta di monotonia interna in cui i pensieri e le emozioni stazionano pigramente dentro di noi, come in una stazione in cui i treni non conducono da nessuna parte.

La situazione attuale è così allarmante, vaga e imprevedibile che la sua gravità è penetrata in noi come crema nella pelle ed il nostro stato emotivo ne è ormai impregnato.

I programmi televisivi ne parlano a tutte le ore, sui social rimbalzano storie, meme e cronaca tutto sul Coronavirus, anche nelle telefonate con le amiche è presente il covid-19, è diventato la nostra ossessione.

L’effetto si può spiegare chiaramente con un concetto centrale nella psicologia della Gestalt per descrivere il funzionamento della mente: in figura c’è sempre la stessa immagine mentale, vale a dire il virus e tutto ciò che lo riguarda. Tutto il resto, gli elementi tipici della vita prima della pandemia e della quarantena sono relegati a una dimensione di sfondo. Esistono, ma in questo momento non fanno la differenza, incidono poco sulla realtà quotidiana e sulla dimensione emotiva attuale.

C’è un altro elemento che gioca un ruolo importante, il “non si può fare”. I divieti sono nettamente superiori ai permessi. Questo discorso non vuole essere una polemica alle proibizioni, ancora oggi necessarie in quanto unico strumento attualmente a disposizione per arginare l’emergenza pandemica; ma è indubbio che se dici solo no a un bambino lui inizialmente protesta, poi piange, per finire triste e rassegnato in un angolino.

Molto probabilmente E. Bern, padre dell’analisi transazionale (1950), direbbe che il bambino libero che è dentro di noi si è impiccato! La nostra parte più creativa e vitale soccombe inesorabilmente sotto le proibizioni che continuano ad esserci anche nella fase 2 della quarantena.

Contrastare lo stress da Coronavirus con i Ching

C’è però un insegnamento e messaggio di speranza che ci arriva dai I Ching (il Libro dei Mutamenti), il 5 esagramma si chiama l’ “Attesa” non considerata come un’attesa passiva di qualcosa; in un tempo in cui non si possono forzare le cose è necessario saper attendere, che queste facciano il loro corso. Esattamente come il ciclo di vita del virus da noi. E’ un paradosso che il virus ci arrivi dalla Cina e proprio da questo stesso paese ci giunga un insegnamento prezioso per affrontare la situazione.

Nell’antica cultura cinese l’attesa ha a che fare con il nutrimento e il prendersi cura di sé stessi e dei propri bisogni aspettando con fiducia il tempo propizio senza volerlo percorrere.

Quindi non è un incentivo al non far niente, sterile e improduttivo. L’ attesa non è la non-azione, bensì uno stato di “in-azione” in cui solo apparentemente si è fermi, ma in realtà si coltivano qualità utili per un tempo futuro, fiduciosi che al di fuori del nostro controllo alcune forze continuino ad agire. Indubbiamente tanti di noi hanno la sensazione di stare fermi e di perdere tempo, condizioni estremamente snervanti, ma forse è altrettanto vero che in questo stato di cose altre risorse sono in-azione come la pazienza, la tolleranza, la calma, l’ascolto, la capacità di sentirsi e meditare su sé stessi e sulla realtà.

La metafora è quella di una frana che ostruisce il corso di un fiume impedendone il fluire, ma solo apparentemente il fiume si blocca perché in realtà le sue acque stanno lentamente salendo fino ad arrivare al livello della diga creata dalla frana e scavalcarla. Ci vuole del tempo? Sì, ma non è un tempo vano. In conclusione ci sentiamo fermi e sospesi? Sì, ma questo tempo non sarà stato inutile se avremo permesso ad altri lati di noi di maturare e rafforzarsi, nell’attesa di un tempo più propizio.