L’impatto emotivo di una malattia grave

Cosa genera la scoperta di una grave malattia nella persona e nei suoi famigliari? Che tutto il sistema accusa il colpo!

Quando una persona scopre di avere una malattia grave (tumore, infortunio permanente, malattia cronica, invalidante e/o degenerativa) sente che la sua vita è cambiata, lo stato emotivo è spesso caratterizzato da un senso di ingiustizia ed impotenza, spesso non riconosciute dalla propria coscienza, e che manifesta all’esterno con atteggiamenti ed esternazioni di rabbia.

La reazione emotiva alla triste notizia è sicuramente molto soggettiva, dipende dal temperamento individuale e dalla struttura di personalità, ma in linea generale è possibile delineare 4 possibili reazioni che si susseguono nel corso del tempo:

Rifiuto e isolamento, “non può esser vero”

Rabbia, “Perché io e non qualcun altro”?

Venire a patti, una sorta di contrattazione con la sorte o con Dio nella speranza che si ricevi una grazia

Depressione, c’è un abbandonarsi all’inevitabilità dei fatti

Accettazione, ormai la fase di negazione e di evitamento è conclusa e la persona inizia a riorganizzare la propria vita (Kubler Ross, E., 1976).

Molto spesso queste fasi emozionali non vengono vissute solo dalla persona colpita dal problema ma anche dai suoi famigliari. Vale a dire che quando in un sistema famigliare uno dei suoi membri viene colpito da un grave malanno, tutto l’equilibrio interno alla famiglia si destabilizza.

Le malattie sono un evento critico famigliare che irrompono prepotentemente nella vita domestica, stravolgendo l’intero sistema e l’equilibrio raggiunto fino a quel momento.

La nuova condizione, che sia temporanea o permanente, rende comunque inevitabile operare dei cambiamenti, che coinvolgono in maniere più diretta la persona colpita da questa nuova condizione, ma indirettamente anche tutta la sua famiglia, al fine di trovare un nuovo adattamento alla situazione attuale.

A livello individuale i cambiamenti coinvolgono più aspetti: organizzativo (mutano le abitudini, i passatempi, gli orari), rispetto alla propria immagine corporea (il corpo può cambiare con una conseguente ferita narcisistica), la concezione che si ha di se stessi (chi sono io e qual è la mia storia).

A livello famigliare le “riorganizzazioni” possono riguardare la divisione dei ruoli, dei compiti e delle responsabilità.

Appare chiaro come tutto questo sia estremamente gravoso emotivamente (non sono rari vissuti ansiogeni, di rabbia, d’ impotenza e frustrazione) e anche costoso in termini di dispendio di energie, pertanto in queste circostanze il supporto di uno psicologo può risultare prezioso per sviluppare quella resilienza individuale e famigliare che consenta di attraversare nel migliore dei modi possibili la crisi.

In un percorso psicologico gestaltico integrato la famiglia e il paziente vengono sostenuti e accompagnati in questo momento difficile con l’obiettivo di mobilitare le risorse personali e familiari necessarie per la costruzione di un nuovo equilibrio.

L’attenzione è rivolta sia al paziente che alla famiglia, vale a dire che lo psicologo si pone al fianco della persona per aiutarlo a sostenere il “carico” del suo vissuto emotivo derivante dalla nuova condizione, per approfondire l’impatto che ha avuto la malattia sul suo mondo interno, aiutandolo ad accogliere nuovi bisogni e partendo da questi per ridefinire nuovi obiettivi e priorità.

Un percorso gestaltico da importanza non solo al singolo ma anche  agli effetti che questa nuova condizione ha sui rapporti con e tra i famigliari al fine di tutelarne l’integrità.

A tal proposito si promuovono tecniche per una comunicazione efficace e di gestione dei conflitti, che in situazioni di emergenza e caos possono facilmente verificarsi a causa di uno stato di tensione generalizzato e di una facile suscettibilità emotiva.

Dott.ssa Ilaria Fontana

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